SETTORE OGM – LEGISLAZIONE E COLTIVAZIONE
Normativa europea e nazionale sugli organismi geneticamente modificati (OGM)
La normativa europea sull’emissione deliberata nell’ambiente e l’immissione in commercio degli organismi geneticamente modificati (OGM) disciplina l’utilizzo delle moderne biotecnologie nel rispetto della salute umana, animale e dell’ambiente, definendo procedure omogenee per la valutazione del rischio e assicurando l’etichettatura e la tracciabilità degli OGM.
Direttiva 2001/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la Direttiva 90/220/CEE del Consiglio.
La Direttiva 2001/18/CE, dando attuazione al Protocollo di Cartagena, definisce, sulla base sul principio di precauzione, la procedura comune per tutti gli Stati membri ai fini del rilascio dell’autorizzazione per poter immettere nell’ambiente un OGM. Pertanto, essa prevede:
– una valutazione ex ante, caso per caso, dei potenziali rischi che derivano dal rilascio nell’ambiente (ERA – Evaluation risk assessment) di un determinato OGM;
– l’attuazione di un piano di monitoraggio post rilascio, al fine di rilevare eventuali effetti avversi non previsti dalla procedura di valutazione del rischio.
Innanzitutto, la direttiva fornisce la definizione di Organismo Geneticamente Modificato (OGM): “Un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale“.
La Direttiva, quindi, si suddivide in due parti: la Parte B, che riguarda la procedura per il rilascio dell’autorizzazione all’emissione deliberata nell’ambiente di OGM per fini diversi dalla commercializzazione (ossia a scopo sperimentale), e la Parte C, che riguarda la procedura per il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio di OGM nel territorio dell’Unione Europea. In entrambi i casi, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, la richiesta (notifica) da parte degli interessati è presentata ad uno Stato membro che effettua la valutazione del rischio (ERA) e, successivamente, sentiti gli altri Stati membri e la Commissione Europea, provvede al rilascio dell’autorizzazione.
In Italia la Direttiva 2001/18/CE è stata recepita nell’ordinamento nazionale con d.lgs. 8 luglio 2003, n. 224, che, all’art. 2, individua nel Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare l’autorità nazionale competente per l’applicazione delle disposizioni della Direttiva stessa.
Regolamento CE n. 1829/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati
Regolamento CE n. 1830/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della Direttiva 2001/18/CE
I Regolamenti (CE) n. 1829/2003 e n. 1830/2003 definiscono, rispettivamente, le norme per l’immissione in commercio e per l’etichettatura e tracciabilità degli alimenti e mangimi geneticamente modificati.
Il Regolamento (CE) n. 1829/2003 prevede una procedura che permette di ottenere il rilascio, da parte della Commissione Europea, di una sola autorizzazione per differenti utilizzi di un determinato prodotto transgenico (one door, one key). Tale autorizzazione interessa alimenti e mangimi geneticamente modificati che consistono di un determinato OGM, ovvero lo contengono o ne sono costituiti, oppure, ancora, sono prodotti a partire da un OGM o che contengono ingredienti prodotti a partire da OGM. Di conseguenza, l’autorizzazione può essere richiesta anche per OGM utilizzati come piante e sementi destinati alla coltivazione.
Il Regolamento (CE) n. 1829/2003 non abroga la Direttiva 2001/18/CE, anzi ad essa rimanda per quanto riguarda i criteri per la valutazione del rischio (ERA) che, secondo la procedura stabilita dal Regolamento, è effettuata direttamente dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), la quale è chiamata ad esprimere il proprio parere dopo la consultazione con gli Stati membri (solo nel caso in cui la richiesta riguarda la coltivazione, l’EFSA affida la valutazione del rischio direttamente ad uno Stato membro).
La decisione finale per il rilascio dell’autorizzazione, proposta dalla Commissione sulla base dell’opinione dell’EFSA e dopo la consultazione degli Stati membri, segue la procedura di Comitato di cui al Regolamento (UE) n. 182/2011.
Per quanto riguarda l’etichettatura e la tracciabilità, i Regolamenti (CE) n. 1829/2003 e n. 1830/2003 stabiliscono che:
– Sul territorio dell’Unione Europea possono essere commercializzati alimenti e mangimi geneticamente modificati solo se il prodotto transgenico è autorizzato, per uno o più determinati utilizzi, con decisione comunitaria; per i prodotti transgenici non autorizzati la tolleranza è zero.
– Gli alimenti e mangimi che contengono, consistono o sono prodotti da OGM autorizzati vanno etichettati utilizzando un identificatore unico Regolamento CE n. 65/2004, assegnato a ciascun OGM nella relativa decisione di autorizzazione all’immissione in commercio.
– È considerata accidentale e tecnicamente inevitabile la presenza di un OGM in proporzione non superiore allo 0,9% degli ingredienti alimentari considerati individualmente o degli alimenti costituiti da un unico ingrediente. Di conseguenza, la presenza accidentale di un OGM in alimenti e mangimi deve essere riportata in etichetta per valori superiore a tale soglia.
– Non devono essere etichettati i prodotti ottenuti mediante un OGM non riscontrabile alla fine di un processo (ad es. lievito geneticamente modificato utilizzato per la fermentazione) o prodotti derivati da animali nutriti con mangimi geneticamente modificati (uova, latte, carne, ecc.).
Il Ministero della Salute è l’autorità nazionale competente ai fini dell’applicazione del Regolamento (CE) n. 1829/2003 e del Regolamento (CE) n. 1830/2003.
Direttiva 2015/412 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’ 11 marzo 2015, che modifica la Direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio.
La Direttiva 2015/412/UE, entrata in vigore il 2 aprile 2015, conferisce agli Stati membri la possibilità di adottare misure che limitano o vietano in tutto il territorio, o in parte di esso, la coltivazione di un OGM o di un gruppo di OGM in fase di autorizzazione o già autorizzati, a livello europeo, ai sensi della Direttiva 2001/18/CE o del Regolamento (CE) n. 1829/2003.
Detta Direttiva prevede che gli Stati membri possano intervenire in prima battuta, durante la procedura europea di autorizzazione all’immissione in commercio di un OGM destinato alla coltivazione, chiedendo al richiedente l’autorizzazione, per il tramite della Commissione, di adeguare l’ambito geografico di utilizzazione dell’OGM, in modo che la sua coltivazione sia esclusa totalmente o in parte dal proprio territorio nazionale. L’ambito geografico di coltivazione così modificato viene di conseguenza formalizzato nell’autorizzazione all’immissione in commercio, sia essa rilasciata ai sensi della Direttiva o del Regolamento.
Nel caso in cui il richiedente l’autorizzazione non accetti l’adeguamento richiesto dallo Stato membro, questo può adottare provvedimenti nazionali che vietano o limitano la coltivazione dell’OGM in questione sulla base di motivi che esulano da quelli già esaminati dall’EFSA nel corso della valutazione del rischio e che sono connessi a:
a) obiettivi di politica ambientale;
b) pianificazione urbana e territoriale
c) uso del suolo;
d) impatti socio-economici;
e) esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, fatto salvo l’art. 26 bis;
f) obiettivi di politica agricola;
g) ordine pubblico.
Pertanto, la Direttiva 2015/412/UE ha modificato la Direttiva 2001/18/CE inserendo l’art. 26 ter e l’art. 26 quater, recepiti nell’ordinamento nazionale mediante due diversi provvedimenti:
a) L’art. 26 quater, relativo alle cosiddette “misure transitorie“, è stato trasposto nell’ordinamento nazionale con legge 29 luglio 2015, n. 115 e ha reso possibile l’applicazione dei divieti per tutti gli OGM autorizzati o in corso di autorizzazione alla coltivazione prima del 2 aprile 2015. Difatti, il Governo italiano ha chiesto ed ottenuto l’adeguamento dell’ambito geografico dei seguenti OGM autorizzati, in corso di autorizzazione o di rinnovo dell’autorizzazione:
1. mais MON810 (Monsanto Europe);
2. mais MIR604 (Syngenta Crop Protection AG);
3. mais 59122 (Pioneer HI-bred International);
4. mais GA21 (Syngenta Crop Protection AG);
5. mais 1507 x 59122 (Dow Agroscience LLC);
6. mais Bt11 x MIR604 x GA21 (Syngenta Crop Protection AG);
7. mais 1507 (Pioneer HI-bred International);
8. mais Bt11 (Syngenta Seeds).
In esito a tali richieste, attualmente la coltivazione del mais MON 810, già autorizzato alla coltivazione, è stata vietata in Italia e in altri 18 Stati membri con Decisione EU 2016 n. 321.
b) L’art. 26 ter, relativo alla procedura per l’applicazione delle misure che limitano o vietano la coltivazione degli OGM per i quali è stata presentata richiesta di autorizzazione alla coltivazione ai sensi della Direttiva 2001/18/CE o del Regolamento (CE) n. 1829/2003 successivamente al 2 aprile 2015, è stato recepito nell’ordinamento nazionale con d.lgs. 14 novembre 2016, n. 227 che, a sua volta, ha modificato il d.lgs. 8 luglio 2003, n. 224.
Il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste è l’autorità nazionale competente ai fini dell’applicazione delle misure che limitano o vietano la coltivazione degli OGM, nonché della comminazione delle relative sanzioni amministrative in caso di violazione dei divieti.
Raccomandazione (2010/c 200/01) della Commissione del 13 luglio 2010 sulla coesistenza per evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche.
La base giuridica europea sulla coesistenza è definita dall’art. 26 bis della Direttiva 2001/18/CE, inserito dal comma 2 dell’art. 43 del Regolamento (CE) n. 1829/2003.
Pertanto, la Commissione ha emanato la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE recante “Orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture convenzionali, transgeniche e biologiche”, successivamente sostituita dalla raccomandazione (2010/C 200/01) della Commissione del 13 luglio 2010.
La nuova Raccomandazione del 2010, facente parte del “pacchetto OGM” della Commissione che conteneva anche la proposta di modifica della Direttiva 2001/18/CE, conclusasi con l’emanazione della Direttiva 2015/412/UE, individua ulteriori nuovi criteri per la definizione delle misure di coesistenza e consente agli Stati Membri di individuare zone “OGM free” nel proprio territorio, qualora non fosse possibile garantire la coesistenza tra i vari ordinamenti colturali.
La Regione Friuli Venezia Giulia ha utilizzato questa opportunità emanando la legge regionale 4 agosto 2014, n. 15, che vieta la coltivazione di mais transgenico nel proprio territorio per l’impossibilità di applicare misure di coesistenza in grado di prevenire la contaminazione delle colture convenzionali e biologiche con quelle transgeniche. Sulla base degli stessi criteri, anche la Regione Valle d’Aosta ha promulgato la legge regionale 20 gennaio 2015, n. 2, che vieta la coltivazione degli OGM sull’intero territorio regionale.
Infine, la Direttiva 2015/412/UE ha modificato anche l’art. 26 bis della Direttiva 2001/18/UE, rendendo obbligatorie l’adozione delle misure di coesistenza nelle zone transfrontaliere per quegli Stati membri che coltivano OGM e che confinano con Stati membri che, di contro, hanno applicato limitazioni o divieti di coltivazione, ai sensi della stessa Direttiva 2015/412/UE.
La sperimentazione in pieno campo deve essere autorizzata ai sensi della Parte B della Direttiva 2001/18/CE, trasposta nell’ordinamento nazionale con il Titolo II del d.lgs. 8 luglio 2003, n. 224 che disciplina la procedura per il rilascio dell’autorizzazione per l’emissione deliberata nell’ambiente per scopi sperimentali nel territorio nazionale. Inoltre, con decreto 19 gennaio 2005, emanato in applicazione dell’art. 8 del d.lgs. 8 luglio 2003, n. 224, sono state stabilite le prescrizioni per la valutazione del rischio per l’agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare relative alle attività di sperimentazione in pieno campo di OGM.