SETTORE MATERIALI DI MOLTIPLICAZIONE
Il settore Materiali di Moltiplicazione regola la maggior parte dell’attività vivaistica indicando requisiti e caratteristiche dei materiali di moltiplicazione ai fini della loro commercializzazione; è caratterizzato da distinte regolamentazioni comunitarie e nazionali, che sono state sviluppate in momenti storici differenti sia per un distinta specificità produttiva degli stessi vivai sia per dare risposte a problemi contingenti.
Il settore è attualmente suddiviso in 4 aree, in funzione delle normative comunitarie di riferimento, nello specifico le direttive riguardano i materiali di moltiplicazione della vite, delle piante ornamentali, delle piante da frutto e delle piantine ortive, eccetto le sementi.
Per tutte e quattro le aree si tratta di norme specifiche che si aggiungono alle cosiddette norme fitosanitarie obbligatorie, contemplate dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 214, che costituiscono un pre-requisito per la produzione ed il commercio dei materiali di moltiplicazione.
Inoltre, essendo l’attività vivaistica il primo e fondamentale passo della filiera agricola, l’esperienza dei Servizi fitosanitari regionali maturata nel corso dell’attività ispettiva ed autorizzativa, ha suggerito di prevedere criteri minimi di selezione per tutto il vivaismo al fine di favorire e promuovere la professionalità nel settore; a tale proposito è stato adottato il decreto ministeriale 12 novembre 2009 che determina i requisiti di professionalità e la dotazione minima di attrezzature per svolgere tale attività.
La vite è il settore regolamentato da più tempo, è stata, infatti, la prima coltura arborea assoggettata ad un regime di certificazione, subito dopo il pacchetto sementi, sin dal 1968; tutti gli altri settori sono stati regolamentati a partire dal 1992, definendo uno standard minimo definito “Qualità CE”.
Per i fruttiferi, considerata l’esistenza di sistemi di “certificazione” in alcuni stati membri ed evitare confusione, la “Qualità CE” fu identificata come “CAC” (Conformitas Agraria Communitatis), inferiore alla certificazione, ma estesa ad un maggior numero di specie.
Nello stesso periodo (1991-’93) è stata avviata la certificazione volontaria nazionale del materiale vivaistico delle principali specie frutticole: Agrumi, Pomoidee e Prunoidee con i relativi portinnesti, cui successivamente sono stati aggiunti Fragola, Noce e Olivo.
Normativa di base di settore:
Vite – DM 8 febbraio 2005 “Norme di commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite”;
Vite – DM 7 luglio 2006 “Recepimento della Direttiva n. 2005/43/CE della Commissione del 23 giugno 2005, che modifica gli Allegati della Direttiva n. 68/193/CEE del Consiglio, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite”;
Ornamentali – d.lgs. 19 maggio 2000, n. 151 “Attuazione della Direttiva 98/56/CE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali”;
Piante da frutto – DM 24 luglio 2003 “Organizzazione del servizio nazionale di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale delle piante da frutto”;
Piante da frutto – d.lgs. 25 giugno 2010, n. 124 “Attuazione della Direttiva 2008/90 relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti (refusione)”;
Piantine ortive – d.lgs. 7 luglio 2011, n. 124 “Attuazione della Direttiva 2008/72/CE del Consiglio del 15 luglio 2008 relativa alla commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi”.
Materiali di moltiplicazione vite
Quadro normativo di riferimento
Il regime di certificazione comunitario della vite si è evoluto nel tempo, per adeguarlo sia ai progressi tecnico scientifici, sia alle esigenze del mercato unico, a partire dalla Direttiva 68/193/CEE del Consiglio, recepita con il d.P.R. 24/12/1968 n. 1164, e attraverso varie modifiche ed aggiornamenti si è arrivati alle ultime due Direttive adottate, che ne disegnano l’assetto attuale: la Direttiva 2002/11/CE del Consiglio, relativa alla modifica degli articoli e la Direttiva 2005/43/CE della Commissione, che ha sostituito ed aggiornato gli Allegati tecnici. Tali norme sono specifiche per il genere Vitis e correntemente definite “certificazione”, sono finalizzate ad assicurare il livello minimo di qualità dei materiali di moltiplicazione della vite e la loro libera circolazione all’interno dell’Unione Europea.
A livello nazionale il quadro normativo è altrettanto complesso, comprendendo numerosi provvedimenti normativi, sia legislativi, sia amministrativi, che hanno recepito nell’ordinamento nazionale le norme comunitarie ed hanno progressivamente modificato la direttiva di origine; a questi si aggiungono ulteriori decreti nazionali, ad integrazione della normativa comunitaria, per quanto concerne la selezione clonale e le tariffe di certificazione dei materiali di moltiplicazione.
Di seguito un quadro sintetico delle norme nazionali in vigore:
Norme nazionali di derivazione UE
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Argomento
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D.P.R. 1164/69
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D.P.R. 543/74
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D.P.R. 518/82
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Legge 865/84
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DM 8 febbraio 2005 e DM 7 luglio 2006
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Commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite ed istituzione del Registro nazionale delle varietà di vite
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D.P.R. 432/97
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DM 24 giugno 1999
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Aggiornamento tariffe di certificazione
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DM 6 ottobre 2004
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Requisiti da accertare in sede di prove ufficiali per l’iscrizione di varietà di vite
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Norme nazionali
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Argomento
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DM 22 dicembre 1997
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Procedure per l’ottenimento e l’iscrizione di selezioni clonali al Catalogo nazionale
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DM 22 dicembre 1997
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Protocollo tecnico per la micropropagazione di materiali di portinnesti
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DM 24 giugno 2008
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Protocollo di selezione clonale della vite
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DM 13 dicembre 2011
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Linee guida per l’esecuzione di analisi fitosanitarie ai sensi del DM 7 luglio 2006, Allegato I
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Le disposizioni sulla “certificazione” della vite vedono la luce quasi contemporaneamente a quelle delle sementi agricole. Lo schema della norma è praticamente lo stesso: i materiali di moltiplicazione della vite possono essere commercializzati solamente dopo essere state sottoposti ad una ispezione ufficiale che abbia accertato la rispondenza di detti materiali ai requisiti stabiliti dalla direttiva. Sostanzialmente tali requisiti si concretizzano nell’accertamento dell’identità varietale e clonale e nell’assenza o minima presenza di organismi nocivi che compromettono l’utilizzo ottimale dei materiali di moltiplicazione.
Al fine di assicurare l’identità varietale e clonale la normativa ha stabilito l’istituzione, in ogni Paese membro, di un Registro Nazionale delle Varietà di Viti (RNVV) nel quale vengono iscritte le varietà che, in base a prove ufficialmente riconosciute, risultino distinte, stabili ed omogenee, nonché i cloni di dette varietà selezionati secondo il protocollo previsto. Le informazioni contenute nel RNVV vengono utilizzate anche per la “classificazione” di idoneità alla coltivazione delle varietà prevista dai Regolamenti comunitari dell’OCM vino.
Gli effetti dell’applicazione della direttiva sono stati senz’altro positivi sulla qualità dei materiali di moltiplicazione della vite sia per quanto riguarda l’identità varietale che per le caratteristiche fitosanitarie, in modo particolare in relazione ai virus nocivi.
Il Registro Nazionale delle Varietà e dei cloni di Vite
La Direttiva 2004/29/CE, recepita con il DM 6 ottobre 2004, detta le norme per quanto riguarda l’iscrizione delle varietà di vite al Registro nazionale, non contemplando l’iscrizione dei cloni al RNVV che viene invece regolata da norme nazionali (D.M. 22/12/1997 e D.M. 24 giugno 2008).
Peraltro, le norme per la selezione clonale, finalizzata all’iscrizione dei cloni, sono complete (caratteristiche fitosanitarie, agronomiche e di utilizzo) solo per le varietà da vino, mentre per le varietà da tavola e per i portainnesto, al momento, vi sono solo norme sulle caratteristiche fitosanitarie.
La procedura di iscrizione delle varietà, non contempla specificamente la realizzazione di prove ad hoc, ma prevede che il Comitato Nazionale per la classificazione delle varietà di viti valuti la documentazione tecnica presentata con la richiesta di iscrizione della varietà, per accertare se corrisponde a quanto stabilito dal citato DM 6 ottobre 2004.
Tale prassi si è determinata per ragioni di carattere storico, in quanto chi chiedeva di iscrivere una varietà era solitamente un Ente Pubblico ed il numero di nuove varietà iscritte annualmente al RNVV era, fino a pochi anni fa, molto limitato. Attualmente, invece, le richieste di iscrizione di varietà, sono aumentate considerevolmente, perché è aumentato l’interesse per le varietà minori o locali e inoltre vi sono sempre più organismi privati a chiedere l’iscrizione di nuove varietà di vite.
In tale situazione, per il verificarsi di omonimie e/o sinonimie sospette o addirittura accertate in varietà appena iscritte al RNVV, da più parti è stata evidenziata l’opportunità di individuare un’Istituzione di riferimento che dia sicurezza, a livello nazionale e comunitario, circa l’identità varietale delle nuove varietà iscritte.
Attualmente i numeri del RNVV sono:
Il Registro Nazionale
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Varietà iscritte
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Cloni iscritti
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Varietà ad uva da vino
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461*
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1.097
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Varietà ad uva da tavola
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111
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43
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Portinnesti
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39
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157
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Varietà destinate alla sola moltiplicazione
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7
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10
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* Di cui 420 già classificate idonee alla coltivazione
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Il RNVV è attualmente gestito congiuntamente tra il CRA-VIT di Conegliano, ove si mantiene la collezione del materiale vegetale (Campo catalogo) e l’Ufficio DISR V, che provvede alle procedure relative all’iscrizione delle varietà e dei cloni e cura la conservazione della documentazione pertinente.
Per la complessità del panorama varietale viticolo nazionale, ricco di varietà originatesi nel tempo per fecondazione incrociata, presenti a volte in areali molto limitati e conosciute talora con sinonimi od omonimi, è necessario il supporto di esperti ampelografi che possano fornire i necessari elementi alla corretta ed univoca individuazione delle varietà.
A seguito della soppressione del Comitato nazionale per la classificazione delle varietà di vite, come già evidenziato, appare quindi necessario la predisposizione di uno specifico sottogruppo, nell’ambito del gruppo di lavoro permanente di cui al capitolo 1, che permetta il confronto tra le varie conoscenze e professionalità fornito dai ricercatori del CRA, dalle Università, dai rappresentanti delle Regioni, delle associazioni di settore e delle organizzazioni agricole.
Inoltre, tenendo presente che il RNVV è funzionale alla “certificazione” dei materiali di moltiplicazione della vite, si ritiene opportuno che per l’iscrizione di varietà e cloni al RNVV l’Ufficio DISR V possa avvalersi del CRA-VIT anche per la valutazione delle richieste di iscrizione al Registro.
Il CRA-VIT, che tra l’altro ha per legge, dal 1969, il compito della conservazione e dell’aggiornamento del RNVV, detiene la relativa raccolta dei profili del DNA e potrebbe quindi costituire, analogamente a quanto avviene per altre specie e in altri Paesi della UE, il Centro per l’effettuazione delle prove ai fini della valutazione delle varietà per la successiva iscrizione al RNVV, realizzando in proprio le prove di valutazione oppure riconoscendo i risultati ottenuti dai richiedenti l’iscrizione di una varietà.
Inoltre, con i dati del RNVV viene aggiornato il catalogo on-line sul sito del Ministero che contiene le schede ampelografiche delle varietà (descrizione), le fotografie e l’indicazione delle DOP e IGT nei cui disciplinari è prevista la varietà.
Appare quindi opportuno implementare il software per l’intero procedimento di registrazione delle varietà e dei cloni, utilizzando il protocollo informatico del MIPAAF e i data-base già sviluppati per il RNVV in linea con quanto previsto dal Codice dell’amministrazione digitale, partendo dalla richiesta di iscrizione on-line sino alla predisposizione dei provvedimenti.
La certificazione della vite
Come accennato, i materiali di moltiplicazione della vite possono essere commercializzati solamente dopo essere state sottoposti ad una ispezione ufficiale che abbia accertato l’identità varietale e clonale, nonché l’assenza o la minima presenza di organismi nocivi che compromettono l’utilizzo ottimale dei materiali di moltiplicazione.
Attualmente i numeri della certificazione sono:
L’ATTIVITÀ VIVAISTICA E LA CERTIFICAZIONE
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Piante Madri
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Superficie
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Varietà portinnesto
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Ha 1.950 circa
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Varietà per marze
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Ha 2.250 circa (50% di categoria certificato)
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Barbatelle
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Numero
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Barbatelle franche
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Circa 10 milioni (categoria certificato)
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Barbatelle innestate
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circa 80-110 milioni/anno (70% certificato – 30% standard)
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Esportazioni
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Circa 30 milioni/anno (U.E. e Paesi terzi)
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Siti di produzione
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Numero
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Nuclei di Premoltiplicazione Viticola
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8 (Pubblici regionali)
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Vivai
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Circa 500
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Negli ultimi due decenni il settore del vivaismo viticolo ha subito delle profonde trasformazioni che si possono così riassumere:
* drastica riduzione della produzione di barbatelle franche compensata da un parallelo incremento delle barbatelle innestate;
* notevole incremento nella produzione di materiale di moltiplicazione di origine clonale a scapito di quello non clonale (categoria “standard”);
* riduzione costante nel numero di aziende vivaistiche ed aumento dimensionale e produttivo di quelle operanti;
* crescente flusso di esportazione di materiali di moltiplicazione sia verso la UE sia verso Paesi terzi;
* concentrazione dell’attività vivaistica nell’Italia Nord Orientale, dove viene prodotta la maggior parte di barbatelle innestate. Nelle altre aree a tradizione vivaistico viticola come Piemonte, Toscana, Marche, Puglia e Sicilia, la produzione di materiale di moltiplicazione e le superfici investite a vivaio e a campi di piante madri si sono ridotte anche se mantengono una certa rilevanza.
L’evoluzione tecnologica (adozione di paraffine, pacciamatura e irrigazione a manichetta sotto telo, macchine sgemmatrici dei portainnesti, nuove tecniche e prodotti per la fase di forzatura, ecc.) hanno accelerato tali dinamiche già in atto.
Schematicamente il processo di “certificazione” ha degli elementi sia della certificazione di processo, sia della certificazione di prodotto e si può riassumere nello schema seguente:
L’ultimo aggiornamento delle norme comunitarie in materia di commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, apportato dalla Direttiva 2002/11/CE, è stato recepito con il decreto ministeriale 8 febbraio 2005, che di fatto ha sostituito il d.P.R. 1164/69.
L’utilizzo di tale strumento amministrativo non ha consentito né di abrogare il citato d.P.R. né di definire un o strumento deterrente importante quali sono le norme sanzionatorie, né tanto meno di variare gli importi delle tariffe vivaistiche a loro volta definiti dal d.P.R. 432/97.
La certificazione della vite, che fino al 2005 era assegnata all’ex Istituto Sperimentale per la Viticoltura (ora CRA-VIT) per la gestione nazionale dell’attività, a seguito del riordino della materia che ha portato alla costituzione del nuovo Servizio Nazionale di Certificazione Vite (SNCV), vede il coinvolgimento anche delle Amministrazioni Regionali.
Allo stato attuale le Regioni hanno la competenza della “certificazione” dei materiali di moltiplicazione delle categorie “certificato” e “standard”, che costituiscono la quasi totalità della produzione e sono le categorie commercializzate al pubblico; mentre al CRA-VIT compete la certificazione dei materiali di moltiplicazione delle categorie “iniziale” e “base” che costituiscono l’inizio della filiera vivaistica.
Nelle Regioni l’attività di “certificazione” è svolta dai Servizi Fitosanitari Regionali, che abbinano questa attività con quella di controllo delle malattie di quarantena (soprattutto Flavescenza dorata), aggravando la situazione dei SFR che, come abbiamo visto, svolgono le varie attività con risorse umane e finanziarie costantemente decrescenti e con un mancato turnover dei funzionari esperti collocati in quiescenza.
La suddivisione delle competenze sui controlli tra CRA-VIT e Regioni, attuata con il citato DM 8 febbraio 2005, ha determinato anche la conseguente ripartizione delle tariffe pagate dai vivaisti per l’attività di controllo. Tale ripartizione ha portato a difficoltà operative particolarmente sentite sia a livello centrale (CRA-VIT) sia in quelle Regioni con vivaismo viticolo poco diffuso in cui i costi di controllo, peraltro obbligatori, superano gli introiti. A ciò si aggiunge che alcune Regioni non provvedono a riassegnare le tariffe riscosse agli Uffici responsabili per la “certificazione”, creando spesso difficoltà operative.
Da quanto brevemente descritto appare la necessità di riordinare la normativa, attualmente dispersa su più atti, adeguandola al mutato contesto produttivo e alla nuova organizzazione della certificazione. In particolare, si avverte l’esigenza di ravvicinare, più di quanto già fatto, la normativa della certificazione a quella fitosanitaria per evitare sovrapposizioni o disposizioni contrastanti, specie in merito ai passaporti delle piante e alle etichette, nonché alle relative registrazioni.
Anche per la certificazione, a seguito della soppressione dell’Unità nazionale di Coordinamento, appare quindi necessario la predisposizione di uno specifico sottogruppo, nell’ambito del gruppo di lavoro permanente di cui al capitolo 1, che permetta il confronto tra le varie conoscenze e professionalità fornito dai ricercatori del CRA, dalle Università, dai rappresentanti delle Regioni, delle associazioni di settore e delle organizzazioni agricole, in merito al coordinamento dell’attività ispettiva nazionale per il settore vivaistico viticolo.
Inoltre, anche al fine di assicurare la continuità del servizio e delle funzioni affidate al CRA-VIT, si rileva l’utilità di ampliare l’attuale convenzione tra il Ministero ed il CRA, per adeguare le attività necessarie e le risorse dedicate.
I Nuclei di Premoltiplicazione Viticola (NPV)
Una particolare problematica è rappresentata dalla produzione di materiali di moltiplicazione della vite attuata dai cosiddetti Nuclei di Premoltiplicazione Viticola (NPV), che sono associazioni tra costitutori pubblici (in prevalenza) e privati, con lo scopo di diffondere le barbatelle di categoria “base” dei cloni da loro costituiti.
Pur essendo preponderante il numero di cloni pubblici iscritti al RNVV, la quota di barbatelle di categoria “Base” prodotta a partire da questi è solo il 20-30% del totale. Il rimanente è materiale di “Base” di cloni selezionati da ditte vivaistiche private, molto più efficienti delle strutture pubbliche nella produzione delle barbatelle. Detto materiale non è reso disponibile agli altri vivaisti in quanto concorrenti, e da questo deriva la funzione “sociale” dei Nuclei che rendono disponibile ai piccoli e medi vivaisti, non costitutori di cloni, materiale di “Base” di cloni prodotti dai centri pubblici.
Il mercato vivaistico viticolo, quindi, ha invece necessità che questa produzione venga salvaguardata, perché una quantità consistente di vivaisti può contare solo sulle selezioni clonali liberamente disponibili: quelle da ricerca pubblica. I Nuclei di Premoltiplicazione Viticola svolgono questa fondamentale funzione, ma in questo momento hanno problemi di sostentamento poiché Regioni ed Enti di Sviluppo sono a corto di fondi.
I Nuclei operativi di premoltiplicazione, costituitisi negli anni ’70-80 e indicati nella tabella che segue, in genere nella loro operatività sono piuttosto scollegati e trovano un momento di contatto solamente una volta all’anno quando vengono riuniti dal Ministero per l’esame della produzione stagionale di barbatelle di base e per la definizione del prezzo di riferimento di dette barbatelle e degli altri materiali di moltiplicazione della vite, in vista della loro cessione al sistema vivaistico.
La produzione stimata in barbatelle di categoria “Base” (vedi tabella seguente), dichiarata nell’ultima riunione internuclei del dicembre 2012, evidenzia una grande disparità di produzione tra i diversi Nuclei che sono diversi anche per le strategie adottate per ottenere tale produzione: alcuni si appoggiano a ditte vivaistiche private, altri invece vi provvedono con propria manodopera, altri curano la coltivazione delle piante madri e si avvalgono di ditte vivaistiche private per il vivaio.
In generale, in quanto nati e gestiti in tutto o in parte da Enti od Organismi pubblici, tutti i nuclei fanno fatica a sviluppare un’attività vivaistica e commerciale qual è quella della produzione di materiale di “Base”.
I motivi sono molteplici: il limitato finanziamento pubblico che li tiene in vita, la scarsa capacità a collaborare e organizzare assieme la produzione per ridurre i costi e i tempi di risposta, i vincoli con le Amministrazioni regionali o con le Università, infine, l’esigua produzione distribuita in tutto il territorio nazionale.
In questo quadro, la produzione di materiale vivaistico di categoria “base”, appartenente alle selezioni clonali effettuate da istituti di ricerca pubblici, rischia di essere abbandonata o fortemente ridotta, privilegiando solo varietà e cloni di grande richiesta, con conseguente riduzione della variabilità ampelografica.
Appare quindi, necessario un miglior coordinamento, finalizzato ad una più attenta programmazione delle attività (riduzione degli impianti di piante madri e vivai, realizzazione di campi di piante madri e vivai comuni a più Nuclei, miglior utilizzo delle serre, ecc.) e ad un maggior scambio d’informazioni sui programmi produttivi sia con gli altri Nuclei sia con le Associazioni vivaistiche.
Importante sarebbe anche verificare l’idoneità delle strutture e apparecchiature disponibili presso i Nuclei e la preparazione degli operatori che gestiscono il materiale di base, spesso costituiti da personale precario o non esperto che non ha sufficienti conoscenze in merito alle varietà, alla normativa sulla certificazione e in materia fitosanitaria.
Un altro strumento di miglioramento riguarda l’indicazione del costitutore responsabile della pre-moltiplicazione del clone, nel caso fosse costituito da più soggetti, che senza ledere la paternità del clone, permetta di indicare la persona responsabile dei processi decisionali relativi, ad esempio, alla costituzione o all’estirpo di impianti di piante madri, nonché alla assegnazione delle operazioni di pre-moltiplicazione del clone.
Il Registro è costituito dalle seguenti banche dati:
■ elenco delle varietà e cloni iscritti al registro nazionale con i rispettivi estremi amministrativi relativi all’iscrizione. Il database viene aggiornato successivamente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti ministeriali (d.m.) di aggiornamento del Registro. L’attuale situazione è aggiornata all’ultimo decreto;
■ descrizione delle varietà (scheda ampelografica) riprese dalle pubblicazioni scientifiche o dai fascicoli presentati per la richiesta di iscrizione delle varietà nel Registro. Questo lavoro è in fase di completamento;
■ denominazione d’origine e indicazione geografica dei vini alle quali concorrono le singole varietà. Il database attuale è aggiornato e viene costantemente mantenuto tale;
■ dati delle produzioni di barbatelle per varietà, clone e categoria (base, certificato e standard). I dati sono attinti dagli archivi relativi alle annuali denunce di produzione dei materiali di moltiplicazione della vite. La situazione attualmente rappresentata si riferisce al periodo 1990-2004 ed è stata predisposta utilizzando i dati esistenti presso il “CREA – Viticoltura ed Enologia”.
A seguito del passaggio di competenze in materia alle Regioni non è stata più realizzata la concentrazione dei dati presso il “CREA – Viticoltura ed Enologia”. Si è dovuto, quindi, procedere ad una raccolta dei dati presso le Regioni per gli anni 2005-2010. Per detto intervallo si sta completando la verifica e l’organizzazione dei dati al fine della loro immissione nel software.
L’aggiornamento dei dati è annuale e, d’ora innanzi, per l’utilizzo, da parte dei Funzionari delle Regioni e dei vivaisti, del software per la predisposizione delle annuali denunce di produzione dei materiali di moltiplicazione della vite detto aggiornamento dovrebbe essere più tempestivo;
■ descrizione sintetica delle principali caratteristiche dei cloni sulla base di una scheda tipo predisposta dal “CREA – Viticoltura ed Enologia”. Le informazioni contenute nelle schede sono state curate per lo più dai costitutori dei cloni o dal “CREA – Viticoltura ed Enologia” sulla base dei dati forniti dal costitutore o della richiesta di iscrizione del clone al Registro. Il lavoro è in fase di completamento. Ci sono alcune difficoltà a reperire le informazioni per i cloni più datati;
■ photogallery. È un set di foto per ogni varietà relative al germogliamento, alla foglia adulta e al grappolo a maturazione. Per alcune varietà è presente anche la fase di vivaio. L’archivio fotografico è originale ed è costituito, attualmente, da circa 5.000 immagini in corso di integrazione. Il lavoro non è ancora completo a causa dell’elevato numero di varietà iscritte, della diversa cadenza temporale e breve durata delle fasi vegetative e della dislocazione degli impianti sul territorio nazionale.
Aspetti normativi
La Direttiva 68/193/CEE, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, dispone l’istituzione, in ogni Stato della CE, del Registro nazionale delle varietà di viti nel quale elencare le varietà i cui materiali di moltiplicazione sono ammessi al commercio.
La Direttiva 2004/29/CE, relativa alla fissazione dei caratteri e delle condizioni minime per l’esame delle varietà di viti, stabilisce la procedura per l’accertamento dei caratteri di distinguibilità, stabilità ed omogeneità che le varietà devono possedere per entrare nel Registro.
Il D.M. 24 giugno 2008, modifica del protocollo tecnico di selezione clonale della vite, fissa le norme per la valutazione dei cloni ai fini della loro iscrizione al registro.
L’iscrizione al registro e la cancellazione dallo stesso delle varietà e dei cloni è disposta con decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Registro è costituito dalle seguenti sezioni: vitigni da vino, vitigni da uve da tavola, vitigni a destinazione particolare, vitigni per portinnesto, elenco Nuclei di premoltiplicazione viticola ed elenco proponenti l’omologazione dei cloni.
Titolare del Registro è il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che, per la sua conservazione e aggiornamento, si avvale del “CREA – Viticoltura ed Enologia” di Conegliano.
Alcune informazioni contenute nel Registro sono utilizzate anche per le seguenti finalità previste dalla normativa relativa all’OCM vino: classificazione delle varietà di viti e sinonimi di varietà che possono essere utilizzati per la designazione dei vini.
Quadro normativo di riferimento
Il settore dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto, è regolamentato, per le specie principali, dalla Direttiva 2008/90/CE del Consiglio; quest’ultima ha sostituito la Direttiva 92/34/CEE, introducendo alcune novità, tra le quali la più importante è quella di un sistema di certificazione comunitario, sino ad ora definito unicamente a livello dei singoli Paesi membri, che si affianca alla CAC (Conformitas Agraria Communitatis), in vigore dal 1992.
Per ciò che riguarda le misure applicative, ovvero il pacchetto delle Direttive di Commissione che dettagliano gli aspetti tecnici, sono ancora in vigore le Direttive n. 93/48/CEE, n. 93/64/CEE e n. 93/79/CEE, in quanto l’approvazione delle stesse, prevista per il 23 novembre 2012, è stata rinviata a data da destinarsi.
La normativa riguarda i seguenti generi e specie: Agrumi e portinnesti (Citrus L., Fortunella Swingle e Poncirus Raf.) Pomoidee e portinnesti (Melo, Pero e Cotogno), Prunoidee e portinnesti (Albicocco, Ciliegio acido e dolce, Mandorlo, Pesco, Susino europeo e sino-giapponese), Castagno, Fico, Fragola, Mirtilli, Noce, Nocciolo, Olivo, Pistacchio, Ribes e Rovo (Mora e Lampone).
A livello comunitario sono, inoltre, ancora in discussione le modifiche all’Allegato IV della direttiva fitosanitaria, con la proposta dell’inserimento del processo di certificazione per ciascuno dei tre organismi nocivi di quarantena (Sharka delle prunoidee, Scopazzi del melo e Tristeza degli agrumi) previsti dalla certificazione europea, basata sugli standard EPPO, che risultano essere all’interno della legislazione comunitaria di competenza del settore fitosanitario.
Alla luce di tali premesse è possibile affermare che in ambito europeo, mancano al momento tutte le norme relative alle tecniche specifiche di moltiplicazione, alle malattie ed alle relative modalità di controllo per le specie ed i generi elencati dalla Direttiva.
L’attuale normativa, definita dai provvedimenti suddetti, è stata applicata a livello nazionale attribuendo il compito ai Servizi Fitosanitari Regionali, che rappresentano quindi gli organismi ufficiali responsabili anche per l’applicazione delle norme sulla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto, al fine di garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla CAC.
Con DM 4 marzo 2016 è stata data attuazione al Registro nazionale delle varietà di piante da frutto, tenendo conto, sia delle misure applicative in corso di recepimento (Direttive 96, 97 e 98 del 2014 della Commissione), sia delle esigenze della certificazione volontaria.
Di fatto nel registro vi sono due categorie di varietà: le varietà registrate ufficialmente e le varietà con descrizione ufficialmente riconosciuta.
Nel primo caso si tratta di varietà controllate attraverso i test DUS (Distinguibilità, Uniformità e Stabilità), effettuati in campo da Istituzioni ufficiali, sia per la semplice iscrizione, sia per il rilascio di una privativa sulle novità vegetali.
Per le varietà con descrizione ufficialmente riconosciuta si tratta di una sorta di sanatoria per tutto il materiale per il quali l’esecuzione dei test in campo risultava troppo onerosa in rapporto allo loro importanza economica e diffusione limitata, ma che dotate di una descrizione idonea a identificarle, sono state commercializzate, almeno come materiale CAC, prima del 30 settembre 2012.
La Certificazione volontaria
La certificazione volontaria, istituita nel 1987, è stata regolamentata nel 1991 e completamente riorganizzata tra il 2003 ed il 2006.
A partire dal 2003, la certificazione volontaria, si è presentata come un sistema unico nazionale che, su alcune specie, si affianca, al minimo comunitario CAC, garanzie genetico-sanitarie di standard più elevati e su due livelli: categoria Virus-controllato (materiale che risulta esente dai principali virus mediante controllo visivo) e categoria Virus-esente (materiale esente da tutti i virus noti controllato con metodiche di laboratorio).
Il quadro normativo nazionale è costituito dai seguenti decreti ministeriali:
Decreto
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Oggetto
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DM 24 luglio 2004
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Organizzazione del servizio nazionale di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale delle piante da frutto
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DM 4 maggio 2006
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Disposizioni generali per la produzione di materiale di moltiplicazione delle specie arbustive ed arboree da frutto, nonché delle specie erbacee a moltiplicazione agamica
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5 DDMM 22 novembre 2006
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Norme tecniche per l produzione di materiali di moltiplicazione certificati di Agrumi, della Fragola, dell’Olivo delle Pomoidee e delle Prunoidee
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La situazione descritta è però transitoria, infatti l’adozione delle misure applicative a livello comunitario apporterà una modifica consistente dello scenario della certificazione volontaria, in quanto la certificazione europea, in corso di predisposizione sulla base degli standard internazionali indicati dell’EPPO (Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante), sarà pressoché equivalente alla categoria “Virus-controllato” della certificazione volontaria nazionale.
Di conseguenza, per la necessità di armonizzare a livello comunitario il settore vivaistico frutticolo, la categoria “Virus-controllato” verrà sostituita da “Certificato CE”, lasciando alla certificazione volontaria nazionale solo la categoria “Virus-esente”, qualora i vivaisti volessero qualificare maggiormente le loro produzioni.
Attualmente la produzione delle piante certificate, così come schematizzato nella figura sotto riportata, ha inizio con il materiale che viene fornito dal costitutore ad un centro di conservazione per la premoltiplicazione dove le piante vengono mantenute in sanità. Da queste, per filiazione diretta, viene prodotto il materiale vegetale di pre-base, di base e in ultimo il materiale certificato.
- Sistema di Certificazione Volontaria Nazionale
Il controllo del processo di certificazione è svolto dal Servizio fitosanitario regionale in tutte le fasi di produzione, attraverso diverse ispezioni di campo e la verifica della conformità della documentazione relativa al materiale richiesto in certificazione (documenti di commercializzazione, cartellini-certificato, ecc.). Spettano al Servizio fitosanitario anche il riconoscimento dell’idoneità dei campi di piante madri, dei laboratori di micropropagazione, dei vivai e delle rispettive strutture produttive.
Accertata la conformità rispetto a quanto disposto dalle normative, il Servizio rilascia la certificazione ai materiali prodotti, attestata dal cartellino-certificato apposto sulle piante. Più in generale, il Servizio fitosanitario ha il compito di sorveglianza del territorio rispetto alla diffusione delle malattie da “quarantena” al fine di prevenire contaminazioni del materiale vivaistico.
A completare il quadro, alcuni attività gestionali quali la predisposizione e la stampa dei cartellini da apporre alle piante, nonché il coordinamento nazionale e la raccolta dei dati relativi ai quantitativi effettivamente certificati, sono state affidate, mediante convenzione, all’organismo interprofessionale CIVI-Italia, riconosciuto allo scopo con DM 2 dicembre 1993.
Il settore, primo in Europa per produzione di numero di piante certificate, presenta comunque alcune difformità che penalizzano la piena efficacia e che possono essere riassunte come di seguito.
I 9 Centri di Conservazione ed i 10 Centri di Premoltiplicazione, di cui alcuni pubblici, non garantiscono un funzionamento uniforme; alcuni riforniscono effettivamente il settore vivaistico, mostrando una certa dinamicità nell’offerta varietale con continue novità, mentre altri hanno mantenuto pressoché inalterato il loro parco varietale ed hanno, conseguentemente, volumi di produzione assai meno rilevanti.
Le produzioni vivaistiche certificate sono concentrate essenzialmente in 4 regioni (Veneto, Emilia-Romagna, Bolzano, Trento e Puglia), con il Veneto che accoglie anche campi di produzione di vivaisti “legalmente residenti” in territori confinanti (Trento, Bolzano ed Emilia-Romagna), con la conseguenza che i Servizi Fitosanitari Regionali sono soggetti ad un carico di lavoro particolarmente oneroso.
Come precedentemente accennato, al CIVI-Italia sono demandate le funzioni di coordinamento e predisposizione dei tabulati per le numerazione codificata delle piante certificate, la predisposizione e stampa dei cartellini, nonché il supporto tecnico.
Materiali di moltiplicazione piante ornamentali
A livello comunitario il settore è regolamentato dal 1991, limitatamente ad alcune specie per le quali si riteneva importante avere sui rispettivi materiali di moltiplicazione uno standard qualitativo comunitario minimo, in quanto era stato rilevato un consistente scambio di materiali tra Paesi membri.
Dopo circa sette anni di applicazione, con grosse difficoltà, si è proceduto alle revisione delle norme comunitarie ed alla loro semplificazione, eliminando la lista positiva delle specie, per cui oggi i materiali di moltiplicazione di qualunque specie che non sia compresa in nessuna normativa comunitaria sementi o materiali di moltiplicazione (vite, fruttiferi e piante forestali) ricade automaticamente nel campo di applicazione delle “ornamentali”.
Quadro normativo di riferimento
A livello comunitario il settore è regolamentato, per tutte le specie non comprese in altre Direttive, dalla Direttiva 98/56/CE del Consiglio e dalle Direttive 99/66/CE, 99/67/CE, 99/68/CE e 99/69/CE della Commissione.
A livello nazionale, la normativa vigente recepisce quella comunitaria ed è costituita dal d.lgs. 19 maggio 2000, n. 151, recepimento della Direttiva 98/56/CE e dal decreto ministeriale 9 agosto 2000 che costituisce il pacchetto delle misure applicative definite dalle quattro direttive di Commissione citate.
Detto decreto contiene ancora le schede relative agli organismi nocivi ed alle malattie pregiudizievoli per la qualità riferite ai generi ed alle specie presenti nell’Allegato alla Direttiva del 1991; a livello comunitario c’è stato l’accordo ad eliminare tali schede, poiché rappresenterebbero solo una minima parte delle specie ornamentali, ma ufficialmente non è stato adottato alcun provvedimento, però di fatto sono state abbandonate.
Il settore vivaistico delle piante ornamentali ha delle caratteristiche particolari che ne rendono difficile un regolamentazione analoga ad altri settori vivaistici; in particolare nel settore floricolo l’avvicendamento varietale è velocissimo per poter avere sempre una novità da proporre e inseguire il consumatore presentandogli costantemente delle novità, tanto da rendere pressoché impossibile attivare un Registro nazionale delle varietà.
Il settore florovivaistico nazionale, si occupa più che altro di produzione di piante finite, approvvigionandosi dei relativi materiali di moltiplicazione presso vivaisti esteri, in particolare olandesi.
Materiali di moltiplicazione piante ortive, eccetto sementi
A livello comunitario, preso atto delle nuove tecniche di coltivazione di ortaggi, partendo dalla piantina da trapianto, piuttosto che dalla semina diretta, la Commissione ha ritenuto opportuno regolamentare la fase vivaistica compresa tra le sementi (già regolamentate e certificate) e le piantine da trapianto.
La prima regolamentazione è del 1992, con la Direttiva 92/33/CEE del Consiglio, seguita nel 1993 dalle misure applicative (Direttive 93/61/CEE e 93/62/CEE della Commissione)
Quadro normativo di riferimento
Essendoci state numerose modifiche ed integrazioni, sia al testo normativo, sia agli Allegati, a livello comunitario si è deciso di riordinare il settore mediante una direttiva di Consiglio in versione “codificata”: la Direttiva 2008/72/CE del Consiglio, ha sostituito la Direttiva 92/33/CEE, includendo tutte le modifiche intervenute nel frattempo.
Le misure applicative comunitarie sono rimaste invariate, tanto che sono ancora in vigore le Direttive della Commissione n. 93/61/CEE e n. 93/62/CEE.
Il quadro normativo nazionale riproduce fedelmente la normativa comunitaria e si basa sul d.lgs. 7 luglio 2011, n. 124 che recepisce la Direttiva 2008/72/CE e sul decreto ministeriale 14 aprile 1997, recepimento delle Direttive 93/61/CEE e 93/62/CEE, tuttora in vigore nella loro stesura originaria.
La normativa nazionale è stata integrata con il DM 3 luglio 2012 che ha istituito il Registro nazionale dei portinnesti di piante ortive, poiché il materiale utilizzato come portinnesto, sia di specie diverse da quelle previste dai Registri sementi, sia di origine ibrida deve essere iscritto in un registro ufficiale ai fini della commercializzazione.
Nella Gazzetta Ufficiale n. 85 del 12 aprile 2016 è stato pubblicato il decreto ministeriale 7521 del 4 marzo 2016 – “Attuazione del registro nazionale delle varietà delle piante da frutto” si istituisce anche in Italia il registro nazionale delle varietà di piante da frutto ammesse alla commercializzazione, istituito dal d.lgs. 25 giugno 2010 n. 124.
DM 22 maggio 2024 – Aggiornamento Registro Nazionale Fruttiferi
DM 24 giugno 2022 – Aggiornamento Registro Nazionale Fruttiferi
DM 19 maggio 2022 – Aggiornamento Registro Nazionale Fruttiferi
DM 6 maggio 2022 – Aggiornamento Registro Nazionale Fruttiferi
DM 29 settembre 2021 – Aggiornamento Registro Nazionale Fruttiferi